Narrazione ed esperienza umana

Narrazione ed esperienza umana

Tutto ciò che pensiamo, lo pensiamo in forma narrativa. E anzi, la nostra stessa identità è considerabile come il risultato di quello che viene chiamato “pensiero narrativo”.

La narrazione è una struttura organizzata sulla base del principio della narratività, e secondo Algirdas Julien Greimas si articola in due dimensioni fondamentali: una profonda e una antropomorfa di superficie.

Secondo autorevoli pensatori, conoscere la struttura di una narrazione e cosa si intenda per narratività significa comprendere il modo in cui organizziamo le nostre esperienze e cioè i motivi per cui il mondo è un ambiente dotato di senso.

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La narratività fra scienze cognitive e semiotica

Secondo lo psicologo cognitivo Jerome Bruner, la narratività è uno strumento fondamentale per la strutturazione dell’identità, che infatti può essere letta come costrutto dotato di significato proprio perché concettualizzato attraverso forme narrative.

I racconti sono forme che organizzano la nostra esperienza, che le danno significato e che permettono di interpretarla, tantoché infine le stesse esperienze assumono l’aspetto delle narrazioni che usiamo per spiegarle.

Secondo altri autori, come per esempio il filosofo e pedagogista John Dewey, il pensiero agirebbe proprio secondo una modalità narrativa.

In ambito semiotico, Greimas ha elaborato una teoria della narratività che ne spiega la natura in due direzioni principali. La narratività è il principio organizzativo generale di tutti i racconti, come sostiene anche la narratologia contemporanea. Allo stesso tempo, è una ipotesi interpretativa che permette agli analisti di spiegare ogni fenomeno culturale, cioè semiotico.

Narrazione e storytelling

La narrazione è differente dallo storytelling, che tecnicamente rappresenterebbe semplicemente l’azione concreta di raccontare una storia. Quest’azione è contingente e quindi sensibile ai cambiamenti di spazio e tempo.

In altre parole, una narrazione ha significato quando la raccontiamo anzitutto perché esistono delle strutture profonde che ne organizzano il senso. Sono principalmente questi meccanismi fondamentali che orientano la narrazione e quindi anche lo storytelling.

Quindi, per comprendere cosa sia una narrazione e il modo in cui costruirla, è utile studiarne l’organizzazione interna, partendo proprio dalle sue strutture intrinseche. Infatti, comunicare un significato significa allestirlo a partire dalle basi, partendo dai valori profondi che vogliamo trasmettere fino al livello più superficiale, relativo al modo con cui li vorremo esprimere.

Per comunicare con gli altri non basta curare la forma e munirsi di artifici retorici. Anzi, prima di tutto è necessario determinare preliminarmente cosa vogliamo trasmettere, cioè quali sono i nostri valori che aspiriamo vengano condivisi dal nostro interlocutore affinché ci capisca. Così, i personaggi che abitano il nostro racconto si muoveranno coerentemente con i valori che abbiamo determinato preliminarmente, incarnandoli con le loro vicissitudini.

L’essere umano è un narratore

Se ci pensiamo bene, il nostro pensiero funziona proprio così.

Per esempio, quando ci accade un imprevisto che rovina i nostri piani, noi narrativizziamo il problema realizzando uno scenario per comprenderlo meglio e superarlo. Ci mettiamo in scena nella nostra stessa storia in quanto personaggi che, con le loro azioni, concretizzano e difendono valori ben definiti. Dietro la maschera del personaggio ci siamo noi che, affrontando l’ostacolo ancora e ancora, vagliamo tutte le strategie possibili per trovare quella giusta da concretizzare. Lo scopo è quello di arrivare a conquistare il nostro oggetto desiderato, tanto nella narrazione immaginata tanto nella realtà.

Oppure, pensiamo ad esempio a quando siamo avviliti a causa di una lite con il capo e abbiamo bisogno del conforto di un’amica. Le esporremo le nostre ragioni comunicandole i nostri valori, e allestiremo una narrazione in cui abitiamo come personaggi che si scontrano con certi ostacoli. Racconteremo come gli ostacoli si siano rivelati impossibili da superare, e spereremo che la nostra amica ci aiuti a trovare il modo per ripristinare l’ordine raggiungendo il nostro oggetto di desiderio.

Ma dobbiamo stare attenti: se comunichiamo valori che non vogliamo veramente trasmettere, organizzeremo una narrazione che potrebbe avere un esito diverso da quello che abbiamo pianificato. La nostra amica potrebbe parteggiare per il nostro antagonista, potrebbe non capire il nostro malessere e quindi non riuscire ad entrare in empatia con noi. La colpa in questi casi è soltanto nostra: non abbiamo saputo come comunicare correttamente il nostro messaggio, facendo sì che si verificasse quella che Umberto Eco chiama “decodifica aberrante“.

La teoria della narratività di Greimas

Come specifica anche Gianfranco Marrone, la narrazione è un percorso orientato da determinati valori, in cui uno o più soggetti si trasformano in vista dello scopo che perseguono.

La narrazione si dispiega su due livelli:

  • profondo, astratto, relativo ai valori profondi che orientano queste azioni;
  • antropomorfo, in cui si osservano i concatenamenti delle azioni dei personaggi.

Il livello profondo

Questa dimensione è considerabile il cuore della narrazione, perché abitata dalle valorizzazioni fondamentali che il testo comunica.

Infatti, ogni testo si fonda sull’articolazione di categorie semantiche, cioè coppie di termini contrari che vengono investite di valori.

Facciamo un esempio: ci imbattiamo in un articolo che parla del cambiamento climatico. Vi rintracceremo diverse valorizzazioni e quindi diverse categorie semantiche, fra cui anche “natura/cultura”. In questo ipotetico testo, l’autore vuole comunicare che la natura è da preservare e che è necessario che gli esseri umani contengano le emissioni di anidride carbonica. Quindi, il termine “natura” è investito da un valore positivo, mentre invece “cultura” da un valore negativo.

L’investimento valoriale sui termini delle categorie si riverbera a tutti i livelli della narrazione ed è proprio per questo che il nostro interlocutore riesce ad entrare in empatia con noi e capire cosa vogliamo comunicargli. Viceversa, costruire scorrettamente le categorie significa condannare la comunicazione al fallimento.

Il livello antropomorfo

Un racconto è abitato da personaggi che si muovono per raggiungere i propri scopi. Ma ci sarà sempre un soggetto fra gli altri soggetti che è reso protagonista. Noi ne seguiremo le trasformazioni, portati a condividere i suoi valori e rinnegare invece quelli del suo antagonista.

Tutti i personaggi che incontriamo in una narrazione occupano anche una dimensione attanziale, nel senso che ricoprendo un ruolo nello sviluppo della storia sono attanti.

Gli attanti sono delle posizioni, dei ruoli. Ad esempio, quando andiamo in ospedale perché ci siamo rotti una gamba, vogliamo essere visitati da un medico. Quello che conta è il suo ruolo: fornire una cura a chi ne ha bisogno, indipendentemente dall’individuazione concreta di questo ruolo.

In generale, gli attanti sono sei, organizzati in tre categorie:

  • soggetto/oggetto;
  • adiuvante/opponente;
  • destinante/destinatario.

Ogni narrazione sarà caratterizzata dalla presenza di un soggetto che si muoverà in base al desiderio che prova nei confronti di un determinato oggetto. Essendo l’oggetto investito di un valore molto importante dal soggetto, quest’ultimo farà di tutto per conquistarlo. Sul suo cammino troverà degli opponenti umani e non umani, quindi dei nemici ma anche adiuvanti che lo aiuteranno a sconfiggerli. Stiamo parlando dello stereotipico “viaggio dell’eroe” mosso da una certa manipolazione iniziale da parte di un attante che gli mostra il suo destino, cioè che lo destina al compimento di una certa azione. Il soggetto è il destinatario di questa missione, che accoglierà nel bene e nel male. Destinante e destinatario possono anche concretizzarsi nello stesso attore, che si istruisce autonomamente rispetto al compito da svolgere.

I programmi narrativi

Alla luce di ciò che abbiamo appena detto, facciamo un esempio concreto.

Laura si sveglia ogni mattina per lavorare al proprio progetto di ricerca su una nuova metodologia di depurazione delle acque: se riuscisse a convincere un certo gruppo di investitori potrebbe cambiare le sorti del pianeta eliminando la plastica dai mari una volta per tutte. A ostacolare il suo grande desiderio però ci sono delle lobbies industriali che vogliono l’appoggio degli stessi investitori per un progetto che invece supporti l’utilizzo della plastica nella produzione industriale. Dunque, Laura dovrà lottare contro i suoi antagonisti per salvare l’ambiente: sarà necessario escogitare una buona strategia per sbaragliare la concorrenza perché tutto dipende da lei.

I programmi narrativi si dividono in principali e secondari. Laura ha un programma narrativo principale, con oggetto di valore “salvare l’ambiente”. Per salvare l’ambiente, tuttavia, deve convincere gli investitori a finanziarle l’attuazione del progetto: questo è un programma narrativo secondario, detto anche modale, in quanto è funzionale al raggiungimento dello scopo primario. Come scrive Greimas, “un programma narrativo è definito come l’insieme delle operazioni messe in atto per far sì che il Soggetto possa esser congiunto (o disgiunto) con il suo oggetto di valore”.

È importante notare che non esiste alcun programma narrativo, quindi nessuna narrazione senza conflitto. Quella narrativa è una struttura profondamente polemica. Ciò vuol dire che ogni essere umano per raggiungere quello che vuole deve lottare con tutte le sue forze contro le situazioni sfavorevoli che glielo impediscono, seguendo una strategia efficace.

Post Author

Martina Grinello

Laureata in filosofia con lode, sono specializzata in semiotica e teoria dei linguaggi, quindi studio i meccanismi di significazione che orientano i processi cognitivi all’interno delle relazioni comunicative. Dedico particolare attenzione all’analisi delle narrazioni socialmente condivise. Ad oggi, creo contenuti per il web declinando la mia esperienza, le valorizzazioni collettive e l’identità del promotore in ottica SEO.

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