Cos’è l’empatia e a cosa serve

Cos’è l’empatia e a cosa serve

Una mentalità empatica è lo strumento fondamentale per capire gli altri, per prendere coscienziosamente le proprie decisioni e anche per evitare eventuali perdite economiche causate da investimenti sbagliati. Infatti, è difficile realizzare un prodotto che sappia veramente rispondere alle esigenze del nostro mercato di riferimento.

L’errore è pensare che trovare la soluzione a un problema condiviso sia un processo avulso dalla considerazione degli scopi e delle motivazioni profonde delle persone. Invece, per ottimizzare i processi decisionali anzitutto è necessario instaurare un legame empatico con gli altri.

Ma cosa vuol dire?

Tempo di lettura stimato: 6 minuti

La lettura psicologica

La scrittrice Indi Young è promotrice di un metodo di risoluzione dei conflitti e di progettazione dei prodotti e servizi basato su una mentalità empatica. Analizzando le diverse ricerche che gli psicologi hanno condotto a proposito dell’empatia, ne ha individuati sei tipi diversi.

Empatia mirror

L’empatia “speculare” si riferisce a quel meccanismo neurobiologico che un gruppo di scienziati, capeggiato da Giacomo Rizzolatti, ha scoperto con i neuroni specchio. Inizialmente Rizzolatti pensava che l’attività mirror fosse individuabile soltanto in relazione ai neuroni motori, mentre invece è stato osservato anche in zone del cervello deputate all’organizzazione emozionale. In sostanza, quando noi vediamo una persona che fa una smorfia di disgusto, nel nostro cervello si attivano le stesse aree che si attiverebbero se fossimo noi a sentire quell’odore sgradevole che ha provocato l’espressione.

Empatia emotiva

Questo genere di empatia è quella che si verifica quando vediamo che un’altra persona prova, per esempio, tristezza e questo sentimento scavalca la barriera che ci separa da lei. Finiamo per provare un sentimento simile che evoca in noi ricordi simili.

Preoccupazione empatica e disagio personale

Quando si prova l’empatia emotiva per un’altra persona, è facile sviluppare una forma di preoccupazione per lei che che può portare a compiere azioni per risolvere il suo problema, per esempio. Similmente, il disagio personale è una condizione che si verifica quando osserviamo nell’altra persona un momento di disagio che porta anche noi stessi a provarlo.

Autoempatia

L’autoempatia è una pratica che consiste nell’utilizzare le conoscenze apprese nel mondo proiettandole nella nostra interiorità per imparare come ragioniamo, cioè come la nostra mente reagisca agli stimoli esterni.

Empatia cognitiva

L’empatia cognitiva è il nucleo della proposta teorica e pratica di I. Young. Questa espressione viene usata per identificare la pratica volontaria, intenzionale, di scoprire le ragioni che motivano il comportamento dell’altro. Mira dunque ad analizzare i pensieri e le emozioni degli altri per agire meglio nei confronti di noi stessi e di chi ci circonda, e cioè per creare un ambiente maggiormente favorevole per tutti.

Cos’è l’empatia cognitiva

Fra il tipo cognitivo ed emotivo c’è grande differenza. Infatti, l’empatia emotiva accade inaspettatamente. È sicuramente un meccanismo biologico molto importante, dal momento che permette agli esseri umani di vivere in comunità. L’empatia emotiva funziona come un fulmine, come un ponte che supera le differenze individuali e unisce le persone in una dimensione prelogica. Tuttavia, come scrive Young, per poter trarre benefici da questo meccanismo, bisogna “imbrigliare” il fulmine e trasformarlo in elettricità, e così lo renderemo utilizzabile.   

Empatia non significa semplicemente essere gentili con gli altri, condividere il dolore in modo superficiale e istantaneo, giustificare le loro azioni e scusarle “mettendosi nei loro panni”.

L’empatia cognitiva ha invece a che fare con la pratica di empatizzare, cioè è un’azione, un processo attivo attraverso cui comprendiamo l’altro e utilizziamo ciò che abbiamo compreso per agire in un’altra prospettiva.

Young sostiene che quando empatizziamo sondiamo gli stati cognitivi ed emotivi degli altri e proviamo a vivere una situazione che non ci appartiene. È impossibile essere empatici senza prima aver compreso realmente e sinceramente le condizioni in cui vive un’altra persona.

Infatti, se proviamo a metterci nei panni degli altri senza prima averli “studiati”, potremmo prendere decisioni, adottare comportamenti, proporre soluzioni, fare scelte di business, sbagliati. Basta pensare a tutti i prodotti che si sono rivelati un flop perché i produttori non conoscevano approfonditamente le esigenze del proprio mercato. Non sono pochi i casi di prodotti che nonostante l’essere stati lanciati da un grande brand, si sono rivelati un flop: lo sport drink Aquarius di Coca-Cola nel 2006, lo yogurt Cosmopolitan nel 1999 o i prodotti surgelati (pizza e lasagne) Colgate negli anno ’80.

È naturale: quando si vuole migliorare la vita a qualcuno, bisogna sapere come vive, come pensa, cosa prova, quali sono i modelli mentali in base ai quali decide e sceglie.

Quindi, sviluppare una mentalità empatica permette di raggiungere il successo in ambito sociale, lavorativo ed economico. Ma per essere empatici bisogna impegnarsi ed essere disposti a sviluppare entrambe le fasi del processo.

Sviluppare e applicare l’empatia

Metti da parte i tuoi pregiudizi, sgombra la mente ed aprila all’ascolto dell’altro: soltanto così potrai arrivare alle motivazioni profonde che guidano il suo comportamento. Ci vuole tempo per diventare empatici, perché le informazioni che raccogli in questa fase hanno bisogno di tempo per maturare. È come se le lasciassimo lievitare e crescere in noi per poterle comprendere appieno e ritrovarvi pattern di comportamento comuni.

La capacità di ascoltare l’altro è il fulcro del contatto empatico, e tutti siamo in grado di farlo con un po’ di curiosità, pazienza ed allenamento. Infatti, la mentalità empatica si costruisce anche grazie alla pratica.

Sulla base di ciò che hai compreso nella fase precedente, puoi applicare l’empatia mettendoti nei panni dell’altra persona, provando cioè a “vestire” le sue modalità di ragionamento. In questo modo stai “camminando nelle sue scarpe”, come scrive Young, e quindi vedere il problema da una prospettiva diversa.

Essere empatici: a quale scopo?

Molto spesso l’empatia viene utilizzata per persuadere gli altri. Sembra paradossale, eppure non lo è. Il mercato, la politica spesso funzionano in questo modo, cioè servendosi dei bisogni delle persone e funzionalizzandoli al profitto.

Secondo Young, invece, bisogna essere empatici per aiutare gli altri e supportarli nel loro percorso.

Post Author

Martina Grinello

Laureata in filosofia con lode, sono specializzata in semiotica e teoria dei linguaggi, quindi studio i meccanismi di significazione che orientano i processi cognitivi all’interno delle relazioni comunicative. Dedico particolare attenzione all’analisi delle narrazioni socialmente condivise. Ad oggi, creo contenuti per il web declinando la mia esperienza, le valorizzazioni collettive e l’identità del promotore in ottica SEO.

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